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PREDATORI DI ORGANI
Trapianti di organi: quello che non ti hanno detto
Nerina Negrello
Predatori di organi
Dal sito
dell’A.I.D.O.:
Quando avviene il prelievo degli organi?
Quando sia stata accertata e documentata la morte encefalica o morte
cerebrale, stato definitivo e irreversibile. L'accertamento e la
certificazione di morte sono effettuati da un collegio di tre medici
(medico legale, anestesista-rianimatore, neurofisiopatologo) diversi da
chi ha constatato per primo la morte e indipendenti dall'équipe che
effettuerà il prelievo e trapianto. Questi medici accertano la
cessazione totale e irreversibile di ogni attività del cervello per un
periodo di osservazione non inferiore a 6 ore.
Ma questa è veramente
la Verità? Perché ci nascondono che la cosiddetta "morte
cerebrale" è un'invenzione e che l'espianto si pratica a cuore
battente e sangue circolante su un vivo che ha perso la coscienza?
Quello
che non ti hanno detto
Non ti hanno detto che
l'espianto di organi quali cuore, fegato, polmoni, reni, ecc., si
effettua da persona in coma, sottoposta a ventilazione forzata, e non da
un morto in arresto cardio-circolatorio-respiratorio, come tutti
intendiamo.
La persona viene incisa dal bisturi mentre il suo cuore batte, il sangue
circola, il corpo è roseo e tiepido, urina, può muovere gambe,
braccia, tronco, ecc... Le donne gravide portano avanti la gravidanza.
Non è vero che prima si interrompa la ventilazione che poi, a cuore e
respiro fermi, si inizi il prelievo, ma è proprio l'opposto.
Gli organi vengono tolti da persona che ha perso la coscienza, le cui
reazioni alla sofferenza prodotta dall'espianto sono impedite da farmaci
paralizzanti o da anestetici.
Prof. Dr. Massimo Bondì, L.D. Pat. Chir. e Prop. Clin. Univ. La Sapienza Roma, chirurgo generale e patologo generale: "La morte cerebrale è ascientifica, amorale e asociale" (Audizione Commissione sanità 1992).
Dr. David W. Evans,
Fellow Commoner of Queens' College Cambridge, cardiologo dimessosi dal
Papworth Hospital per opposizione alla "morte cerebrale":
"C'è grande differenza tra essere veramente morto ed essere
dichiarato clinicamente in morte cerebrale" (Audizione Commissione
sanità 1992).
Dr. Robert D. Truog, Dr.
James C. Fackler, Harvard Medical School Boston: "Non è possibile
accertare la cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello
con i mezzi clinico-strumentali attuali [Critical Care Medicine, n° 12,
1992, "Rethinking Brain Death" (Ripensamento sulla morte
cerebrale)].
Prof. Peter Singer,
Presidente dell'Associazione Internazionale di Bioetica: "...la
morte cerebrale non è altro che una comoda finzione. Fu proposta e
accettata perché rendeva possibile il procacciamento di organi"
(Congresso di Cuba 1996).
Dr. Cicero Galli Coimbra, Head of Department neurology and neurosurgery,
Univ. Sau
Paulo, Brasil: "...i protocolli diagnostici per dichiarare la morte
cerebrale (test dell'apnea) inducono un danno irreversibile su pazienti
che potrebbero essere salvati" (Convegno internazionale Roma
19/2/2009).
IL DIBATTITO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE E' ROVENTE,
NIHON UNIVERSITY:
"TERAPIA DELLA IPOTERMIA CEREBRALE CONTROLLATA"
Neurochirurghi giapponesi hanno salvato 14 pazienti su 20 con ematoma
subdurale acuto associato a danno cerebrale diffuso e 6 su 12 con
ischemia cerebrale globale da arresto cardiaco da 30 a 47 minuti,
riportandoli a normale vita quotidiana, con pieno ristabilimento delle
capacità di comunicazione verbale.
"Una dichiarazione affrettata di cosiddetta 'morte cerebrale' senza
che sia stata tentata tale terapia potrebbe ben costituire omicidio o,
come minimo, premeditata omissione di soccorso e malpractice" (Yoshio
Watanabe MD; Cardiac Transplantation: Flaws In The Logic Of The
Proponents. JPN
Heart J, Sept 1997 - Hayashi N, MD, Brain Hypothermia Therapy, JPN Med
J, July 6, 1996).
Prof. Lodovico Bergamini,
docente di neurologia all'Università di Torino scrive: "Un
tracciato elettroencefalografico può essere normale anche se piatto,
cioè privo di ritmo visibile: ad esempio soggetti adulti ansiosi o
soggetti neonati possono avere un tracciato piatto che di per sé non è
assolutamente definibile patologico" (Manuale di neurologia
clinica).
Molti medici illustri
hanno espresso pubblica condanna al concetto di "morte
cerebrale":
Prof. Dr. Nicola Dioguardi, emerito di medicina interna, Università di
Milano;
Prof. Dr. Edoardo Storti, emerito di clinica medica, Università di
Pavia;
Prof. Dr. Paolo Puddu, direttore dell'Istituto di patologia speciale
medica e metodologia clinica, Università di Bologna;
Dss.a Maria Luisa Robbiati, anestesista-rianimatrice, già dell'ospedale
S. Camillo e del Policlinico Gemelli di Roma;
Dr. Giuseppe Bertolini, anestesista-rianimatore, già degli Ospedali
Riuniti di Roma;
Dss.a Stefania Dente, anestesista-rianimatrice, già all'ospedale C.T.O.
di Napoli, anestesista all'Osp. di Bolzano;
Dr. Dario Miedico, specialista medicina legale, Milano;
Dr. Paolo Bavastro, cardiologo, primario medico alla Filderklinik,
Stoccarda;
Prof. Giuseppe Sermonti, ordinario di genetica, Università di Palermo e
di Perugia;
Dr. Dario Sepe, specialista malattie del fegato, Roma;
Prof. Dr. Rocco Maruotti, primario chirurgo, Milano;
Prof. Dr. Gerardo Ciannella, docente in medicina lavoro Univ. Napoli,
Dirigente medicina preventiva Osp. Monaldi;
David J. Hill, M.A., FRCA emeritus consultant anaesthetist, Cambridge, UK;
...
CONTRO LA MORTE
CEREBRALE A CUORE BATTENTE
La
volontà di salvare gli organi ad ogni costo elimina la volontà di
salvare il paziente ad ogni costo
Documento presentato al
Parlamento e al Movimento Critico Internazionale
La così detta "morte cerebrale" costituisce il cardine
centrale su cui è basata l'espianto-trapiantologia(1). Senza di essa la
chirurgia sostitutiva centrata sull'espianto di organi da soggetti vivi
che hanno perso la coscienza, non avrebbe avuto un seguito. I pazienti
sotto ventilazione definiti arbitrariamente "cadaveri" dai
medici che dichiarano la "morte cerebrale", in realtà non lo
sono né per la biologia né per la legge.
Per la biologia non lo sono perché i pazienti hanno tutti i loro organi
perfettamente funzionanti.
Per la legge non lo sono perché la normativa recita: "per cadavere
si intende il corpo umano rimasto privo delle funzioni
cardiorespiratoria e cerebrale"(2).
E' noto che le funzioni del cervello conosciute costituiscono solo il
10%(4), quindi la legge 578/93 che all'art.1 dichiara: "La morte si
identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni
dell'encefalo" è scientificamente assurda(3) perché non si può
dichiarare "cessata" una funzione che non si conosce. Inoltre
è stato ampiamente dimostrato da molti autori(4) e perfino dalla
Harvard School di Boston(5) che alcune delle poche funzioni cerebrali
note sono ancora presenti contrariamente a quanto enunciato dalla legge.
Entriamo così nel vivo
della controversa questione dell'espianto-trapiantologia.
Già nel 1985 la Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la
Morte a Cuore Battente dichiarò inaccettabile la "morte
cerebrale" e si costituì in associazione per contrastare tale
concetto(6).
La "morte cerebrale" viene dichiarata sempre (rare sono le
eccezioni) nelle prime 24/48 ore dal ricovero di un paziente comatoso,
in genere traumatizzato cranico, in un reparto di Rianimazione, durante
le quali non si attua alcun tentativo serio ed efficace di terapia
finalistica.
La terapia è finalistica solo quando si oppone tempestivamente al
processo patologico in atto.
Senza una terapia mirata si instaura un progressivo deterioramento della
corteccia cerebrale, rendendo difficile il recupero del paziente.
Più il tempo passa più
la sostanza grigia cerebrale, avida di ossigeno, perde la sua vitalità.
Quindi l'intervento
chirurgico elettivo va sempre e comunque eseguito d'urgenza allo scopo
di decomprimere il cervello. Il tempo in questi casi è prezioso e
quindi andrebbe ripristinato l'intervento de-compressivo presso gli
ospedali di prima accoglienza.
Infatti in passato il
chirurgo degli ospedali minori aveva la preparazione per eseguire tali
interventi decompressivi ed era tenuto ad effettuarli. Oggi, allo scopo
di incrementare i trapianti, tali pazienti vengono avviati agli ospedali
maggiori, più lontani, per cui sovente si superano i tempi ideali per
il loro recupero. Così facendo però si salvano gli organi ad ogni
costo.
La terapia finalistica non viene quasi mai attuata negli ospedali
maggiori deputati al trapianto, poiché i neurochirurghi, pressati dalla
richiesta di organi, sono consapevoli che salvare il paziente ad ogni
costo può significare anche perderlo con l'atto chirurgico o durante il
decorso post-operatorio, perdendo così i suoi organi.
Per terapia finalistica
efficace intendiamo alcuni atti chirurgici: ventricolostomia, drenaggi
extra e subdurali, e quando necessario craniotomia per ematoma
extradurale, eseguiti d'urgenza, possibilmente nei primi 60/120 minuti
dall'incidente(7) allo scopo finalistico di decomprimere il cervello.
E' bene chiarire che un'aspirazione di pochi cc. di liquido emorragico e
del liquor ventricolare può essere sufficiente a decomprimere il
cervello e così fare ricomparire la coscienza e fare uscire il paziente
dal coma. Antiedemigeni, diuretici e ipotermia cerebrale controllata(8),
completano il trattamento della terapia d'urgenza.
Infatti un soggetto
colpito da un trauma cranico grave, ha sempre un versamento emorragico
endocranico che, modesto nei casi di frattura/lussazione di una delle
prime due vertebre cervicali (modesto perché sono ossa laminari
sottili)(9), diviene al contrario un versamento ematico importante che
si trasforma in un ematoma endocranico più o meno voluminoso in
presenza di frattura della base cranica, cioè delle due rocche petrose
che sono ossa molto vascolarizzate(10).
Notoriamente quest'ultimo tipo di frattura si diagnostica con estrema
facilità anche prima di ogni accertamento radiologico per la presenza
di una otorragia mono o bilaterale (presenza di sangue che si raccoglie
nel padiglione auricolare).
Tale versamento
emorragico infiltrativo e/o ematoma, comprime la massa cerebrale e
quindi lo strato corticale/cerebrale (circa 1 cm. di spessore) a
contatto con la struttura ossea indeformabile della volta cranica. La
compressione dello strato corticale, sede dei centri sensoriali e dei
centri motori e del linguaggio, che contribuiscono a formare la
coscienza, determina il conseguente collasso del "canale sinaptico
unificato"(11), struttura che come una rete labirintica si estende
tra miliardi di neuroni. Tale collasso fa scomparire la coscienza. Il
paziente si presenta in coma più o meno profondo a causa della
compressione.
Stessa attenzione e
tempestività di intervento si impone, è ovvio, per la patologia
emorragica extradurale (ematoma da frattura o grave contusione delle
ossa fronto-parietali). Tali pazienti hanno un tipico ritmo a due tempi:
il paziente cade, si rialza, una piccola arteriola o capillare
corticale/meningeo lacerato sanguina, si forma l'ematoma in un tempo
variabile e il paziente entra in coma alcune ore dopo, quando la
raccolta ematica determina una compressione della corteccia cerebrale.
Sia che il paziente
giunga ad un ospedale maggiore direttamente o dopo aver perso tempo
prezioso nell'ospedale minore, la patologia compressiva, trascorse 2/3
ore dal trauma, si aggrava. I medici preposti sono consapevoli che
sottoporre un paziente ad un intervento decompressivo può comportare la
perdita degli organi sia in caso di esito positivo (guarigione) che
negativo (morte), in quanto gli organi seguono il destino del paziente.
I parenti vengono
tranquillizzati e tacitati con la frase rituale "faremo tutto il
possibile per salvarlo", ma rinunciando a qualsiasi intervento
chirurgico decompressivo il destino del paziente è segnato. La
dichiarazione di "morte cerebrale" copre qualunque malpractice
ed evitando l'intervento i neurochirurghi, i rianimatori, i medici
legali si sentono comunque al sicuro, poiché "Salvare gli organi
ad ogni costo" è in linea con la filosofia di Stato.
Tale perverso comandamento elimina il salvare il paziente ad ogni costo,
comandamento questo che affonda le sue radici nella storia della
medicina.
Se il paziente comatoso
giunge in ospedale con respirazione spontanea, ciò significa che i
centri respiratori del bulbo non sono compromessi e pertanto non
dovrebbe essere intubato se non per necessità operatoria. Di solito,
però, il paziente arriva già intubato e ventilato automaticamente,
anche quando non è necessario. Da quel momento le sue condizioni
vengono valutate attraverso le risposte riflesse agli stimoli, l'esame
elettroencefalografico e il test dell'apnea (sospensione della
ventilazione, senza svezzamento, e attesa delle ripresa spontanea del
respiro), che viene ripetuto anche più volte consecutive, per valutare
la profondità del coma e stabilire il raggiungimento delle condizioni
richieste dai protocolli dello Stato per la dichiarazione della
cosiddetta "morte cerebrale". Con questo test si intenderebbe
saggiare la reattività dei centri respiratori alla CO2 (anidride
carbonica che si accumula nel sangue dopo l'arresto). Ma, con l'arresto
del respiro, si provoca anche una diminuzione dell'ossigenazione del
sangue (anossia), la quale, specialmente se viene ripetuta, può
determinare un aggravamento, sovente irreversibile, delle condizioni
neurologiche già critiche di un traumatizzato cranico(12).
A tale proposito
dobbiamo ricordare una legge di fisiologia generale: qualunque organo,
sistema, tessuto o singola cellula, se viene sostituito nella sua
funzione cessa progressivamente di esercitare la funzione, sino alla sua
atrofia. E' una legge ben conosciuta che riscontriamo nella metodologia
dell'intubazione con ventilazione automatica. Ben lo sanno gli
anestesisti, che per svegliare i pazienti dall'anestesia usano il metodo
dello "svezzamento continuo e progressivo", non utilizzato nel
test dell'apnea.
Si perviene così alla convocazione della commissione medica che
decreta, senza possibilità di obiezione di coscienza, una condizione di
patologia che, rispondendo ai criteri imposti dallo Stato, è dichiarata
irreversibile. Tutto ciò è conseguente alla mancata terapia d'urgenza.
Tale dichiarazione pertanto rappresenta una condanna a morte annunciata
e messa in atto d'autorità dopo un ridicolo periodo di osservazione di
6 ore che avvia il paziente all'espianto dei suoi organi.
Espianto che viene eseguito su un paziente che reagisce istantaneamente
all'incisione chirurgica con movimenti degli arti e del tronco, aumento
della frequenza del polso e della pressione arteriosa a conferma della
sua vitalità, rendendo necessaria la somministrazione preventiva di
farmaci curarizzanti (paralizzanti) o di anestetici. E' solo con
l'espianto degli organi che interviene la morte nel senso comune e
classico del termine.
Il voler salvare gli
organi ad ogni costo elimina la volontà di salvare il paziente ad ogni
costo e così il concetto basilare della professione medica Primum
Non Nocere viene tristemente abbandonato. E' tempo di restituire ai
medici il diritto/dovere di curare secondo scienza e coscienza senza
limiti imposti dallo Stato e dalle centrali del potere sanitario che
hanno imposto la finzione della "morte cerebrale"(4).
E' tempo di rivedere drasticamente la legislazione in merito e dare voce
ad un paziente che non può parlare, ma lancia il messaggio "perché
non provate a curarmi?". Qualcuno dovrà pure ascoltarlo.
Per altre informazioni sull'argomento espianto organi: www.antipredazione.org